sabato 29 maggio 2010

Regalier ha torto. Plana non è solo ciò che si sa di lei. E' soprattutto ciò che di lei non si sa. Lo spazio misurabile, quello tracciato sulle mappe ortoplastiche, quello calcolato dai progetti e di pertinenza della matematica, non è tutto lo spazio di Plana.
L'energia che Plana divora ed elargisce, dal suo proprio cuore, alle luci infinite, al calore del suo grembo materno, alla rete neurale, dai riciclatori eterni, ai giardini pensili, al suo movimento perpetuo, non è tutta l'energia di Plana.
La sua parte oscura non è ciò che fronteggia la sua parte chiara.
La parte oscura di Plana, la sua ombra, è invece più fondamentale. E' ciò a partire da cui Plana diventa possibile.
Regalier è così sicuro che uscire ed entrare siano atti, e assolutamente fisici, così legati a dimensioni spazio-temporali da non riuscire a concepire una scomparsa.
Figuriamoci due.
Il treno verticale mi lascia vicino casa. Il corridoio esterno è semideserto. Dai finestroni posso vedere al di sotto i tetti dei giardini pensili colpiti dai proiettili di pioggia, posso vedere le enormi nubi bianche e grigie padrone del cielo, e lampi bluastri talvolta ferirlo con una violenza innocente. Così affascinante.
Non passa nessuno, è un attimo perfetto.