domenica 12 ottobre 2008

Bad thoughts


Bad thoughts
Inserito originariamente da lisiaolong۞Fuko
..purtroppo appartengo ad una razza malata, in via di decomposizione, un forte odore ancora coperto con profumi, che indicano solo, con la loro intensità, il puzzo che nascondono..

domenica 5 ottobre 2008

ZERO (III)

In fondo sono figlio di mio padre.
Ironia del destino.
Ritrovarsi in una stanza, davanti ad una console di controllo per il flusso dell'acqua nei campi coperti, i giardini pensili.
Quest'anno è riso. Richiede delicatezza nell'irrigazione e massima attenzione dei livelli, e quando le prime piantine verdi fanno capolino dal pelo dell'acqua non puoi non sorridere al miracolo. Mi sento padre e creatore, e adoro passeggiare lungo le travi sospese sui campi, col cielo che, sulla mia testa, attraversa il tetto di vetro, respirando quell'odore intenso di vita vegetale, l'aria satura, umida, raccogliendo campioni per le verifiche, gironzolando seminudo tra gli insetti voraci, stupefatto dal movimento delle cascatelle nelle fontane di recupero.
Oppure seduto, coi piedi penzoloni, ascoltando il picchiettio della pioggia sul vetro, seguendo il percorso di un rivolo sulla trasparenza, sfiorando con le dita nude la cima dei filamenti verdi, in questo spazio chiuso e infinito.
E' un mondo a sè, ripiegato su di sè, innamorato di sè. Ed è anormale, addomesticato, viziato, addormentato.


Tra i liquorosi il Liki è quello che preferisco. E' senza compromessi, secco ed essenziale, è a suo agio sia nel bicchiere che nel collo della bottiglia, nel senso che il bicchiere non è davvero indispensabile. Ti accompagna ovunque.
Anche Sixj è d'accordo. La sua simpatia andrebbe al Tomados, ma la mia fedeltà al Liki deve averla commossa e incuriosita: „Una bottiglia per me e per te“, così va quando ci incontriamo. Ed effettivamente una bottiglia basta appena.
Se Sixj fosse un uomo sarebbe senza dubbio il mio migliore amico, se fosse mai possibile riferire a me questo tipo di definizione. Migliore amico. Migliore. Amico. Mi chiedo chi sia il mio amico peggiore. O il mio miglior nemico.
E' possibile avere una scelta?
Sixj è davvero il mio unico amico.
E molto più.
Siamo una coppia, ma non potremmo mai esserlo.
Siamo amanti, ma solo per contingenza.
Non mi soprenderei se, guardandomi allo specchio, un giorno, vedessi il suo viso.
Le nostre cam sono sempre collegate a accese sulle nostre camere. Ci spiamo.
Eppure nessuno dei due si è mai dato interamente, non ne siamo capaci, è certo, la reciproca complicità, in parte, si appoggia anche su questa consapevolezza, di sapere, cioè, che la nostra solitudine è cronica, radicata, inguaribile. Ci sarebbe impossibile condividere gli stessi spazi, le stesse note, per più di pochi istanti.
Avremmo bisogno, per fare questo, della intera diponibilità del tempo, di tutti i tempi.
Lei è, in fondo, un ragazzo, anche quando le sue cosce mi stringono, anche quando la mia lingua le accarezza la pancia, anche quando sento l'odore della sua bocca. Anzi, soprattutto allora, quando, sopra di me, mi sovrasta, mi domina, lotta, i muscoli tirati, mugola.
Sicura di sè. Esattamente come una donna.

„...si è spenta oggi all'età di 32 anni Joan Phoebe, stroncata da un attacco cardiaco provocato da una dose eccessiva di...“

La neve si appoggia delicata sul vetro trasparente, vola. Ma perchè mai non rimane sospesa nel nero-grigio del cielo? Perchè mai non danza o volteggia? Perchè, così pesantemente, si appoggia, preme, spinge, sul mio tetto?
Se tu fossi davvero leggera...
Ti vedo, percorrere la casa, respirare, ondeggiare, sorridere, silenziosa, vedo la tua ombra scivolare tra le ombre dei colori, tra il rosso ambrato delle tende, tra il rosa fucsia delle lenzuola tese, ancora e ancora, Sixj. Ti vedo, dondolarti, assorta, lo sguardo oltre il finestrone bagnato, impastato nell'aria fredda, fredda come gli occhi trasparenti di nonna Sarah, indifesa, senza segreti.
Perchè mai? Perchè tu ed io? Perchè tu, io e la neve?


Questi giorni mi sembrano così vuoti, e così difficili da riempire, oppure: troppo facile lasciarseli scappare nell'anonimo, difficile assaporarli, evaporano. La questione non riguarda il loro valore temporale, ma l'obbligo di dover agire all'interno del loro spazio, che non è uno spazio vuoto, ma un percorso prestabilito, un sentiero a ostacoli, una strada regolata da segnali e semafori.
Esiste una morale che passa attraverso il lavoro quotidiano regolato e i visori regioufficiali, si mostra attraverso le colonne di fumo grigio-nero dei riciclatori e nel suono della sirena che segnala il passaggio dei treni del legno. Essendo una morale ha il suo proprio ritmo, il suo proprio suono cadenzato, uniforme.
Così non capisco se il mio malessere dipende da un dovere non adempiuto o dalla realizzazione che oltre questi spazi prestabiliti non è possibile andare e che è inutile dimenarsi e contorcersi.
Giorni. C'è da chiedersi se siano davvero la giusta unità di misura. Non certo per gli Dei, e nemmeno per le Farfalle, ma credo nemmeno per certi uomini che avrebbero bisogno di ben altri rintocchi.

Questi giorni mi sembrano così vuoti perchè non sono miei.



A volte mi pare di non „essere“ in questo tempo. E se davvero la follia è l'altra faccia della cultura, allora la mia appartenenza a questo tempo e a questa cultura può davvero essere discussa. Il fatto che nel mio habitat possano coesistere visori e libri di carta, superfici trasparenti autoscuranti e specchi, ologrammi verticali e fotografie plastiche fa forse di me un simpatizzante folle?
Questo eccesso di linguaggio, questa contaminazione, questi tempi sovrapposti sono un confine? sono l'orlo di un tessuto? O semplicemente la disillusione del finito?
da:“I diari di Sol“

domenica 21 settembre 2008

la tempesta


Storming time
Inserito originariamente da lisiaolong۞Fuko
abbiamo visto così tanti giorni di neve, bianchi giorni, che una tempesta sui campi rappresenta quasi una novità. Tutta da guardare.

domenica 14 settembre 2008

No place for me


No place for me
Inserito originariamente da lisiaolong۞Fuko
...eppure con tutta l'accoglienza prefabbricata che vedo intorno a me preferisco camminare, e camminare senza sosta... il fuori è meglio del dentro...

domenica 7 settembre 2008

ZERO (II)

Quando mio padre morì, cadeva questa stessa neve.
La stessa innocenza silenziosa.
Sixj era ancora nel limbo.
Il bianco del centro medicale si confondeva con quello del parco. Ancora una volta il mondo si era rinnovato, come un serpente che perde la vecchia pelle, certamente già prima lo sapevo, ma sapere non è sentire.
Quanto tempo è passato. Quanto tempo passato.
Quante vite. Superate, andate, appassite. Ma davvero ho consumato io tutto questo tempo? Io l'ho divorato? Una simile ricchezza sperperata, perduta.
Non vuole essere un guardarsi indietro, piuttosto un avere dentro senza possedere.
Mi sovrasta, questo tempo, ma lo tengo. Mi costringe, e mi sfugge. Mi consuma.

„...altro esperimento nucleare, oggi, da parte del Sudan. Una bomba è stata fatta esplodere nel sottosuolo provocando un terremoto del 4° grado della scala Richter. Gravi contrarietà da parte di Europa e Usa, nessun commento dalla Repubblica cinese...“


Non nevica più, ma il vento vuole farsi sentire. Il fumo dei camini si piega e si disperde, grigio, nel nero, nel grigio. Sotto di me il letto tondo semi-illuminato, un po' mi attrae, un po' mi nausea. Quà fuori sul tetto di vetro così scomodo e così elettrico, così difficile da abbandonare, mi tornano alla memoria le porte scorrevoli del centro medicale e il mio sospiro nel vento ghiacciato, il bianco ossessivo e sempre presente delle pareti, dei corridoi, delle lenzuola, delle luci, delle divise, dei GK, il silenzio, l'odore di abbandono in quella stanzina senz'aria.
Il Liki è quasi finito, ancora giusto un goccio...Dal diffusore al mio collo si sollevano le note dei Refuse: da lacrime. Mi costringono ad alzarmi in piedi, a chiudere gli occhi e a perdere equilibrio e presenza. Maledetti Refuse. I filtri sono davvero fastidiosi, ma l'odore dei riciclatori è da vomito. Devo proprio rientrare.


Non saprei dire se preferisco l'olo-visore o il cielo, ho a disposizione solo un buco nel tetto, quello che ha lasciato il mio sedere poco fa, però è sufficiente. Il vento deve soffiare piuttosto forte ora, perchè la neve appoggiata al vetro si solleva e si riposa, turbina e si riposa, si agita e si riposa. Movimento.
Adagiato sul letto, puro strumento di osservazione e percezione, dilatata dal Liki, potrei chiudere gli occhi, tapparmi le orecchie e ritrarre la lingua, ma non cambierebbe il mio stato.
Il pro-visore scannerizza velocemente in rete, azione creata allo scopo di trovare, ma io non sto cercando nulla, l'olo-visore è catturato dal notiziario che vomita immagini di guerra in città inverosimili, di visi sporchi di sangue e fango , così lontani, e il mio umore sguazza nel ritmico avvicendarsi delle immagini e nell'alternanza tra la luce violenta dei visori e il grigio chiarore del cielo.
Mio padre tornava a casa sempre piuttosto tardi. Era responsabile dell'idrosicurezza. Si sentiva responsabile per tutti. Assurdo. L'acqua era la sua ossessione.
Ossessione.
Credo la sognasse perfino. La stanza del circuito di raffreddamento era la sua casa, il suo salotto senza divano: non ci si rilassava mai.
Mio padre era così solo. Il suo sguardo sempre così perso, preso da chissà quali fantastici, improbabili futuri.
Non beveva mai, ma aveva sempre la barba scombinata, il PK sempre acceso perchè spesso si confondeva coi codici di accesso.
Ossessione.
Aveva un PK dedicato, sempre collegato alle cam del laboratorio.
Ma come faceva a non bere? Come riusciva a trovare la forza di rimanere lucido? Come poteva rimanere fedele alla ragione? Così irragionevolmente fedele. Come poteva pensare che zelo, dedizione, insonnia potessero essere sufficienti? E come era giunto ad oscurare la quasi totalità della sua vita per nutrire la sua Ossessione?


La stanza di controllo è al centro di quattro campi al 3° livello, i quali , coi loro gemelli ai livelli inferiori, generalmente hanno lo stesso tipo di coltura.Quattro squadre si danno il cambio.Non ci sono orari fissi, non ci sono giornate di riposo,non ci sono sostituti. Nei periodi di necessità, in caso di indisposizione, la stanza è attrezzata con lettini e provviste. Ognuno di noi è padre e madre.
Da: „Storie per nessuno“ di Sixj

giovedì 21 agosto 2008


ZERO (I)


Il nostro pensiero oggi è così legato al tema del recupero, che l'infinito è un cerchio chiuso senza soluzione di continuità. E' eterna presenza. Questa potrebbe apparentemente essere l'epoca di LaoTze. Oppure quella del pensare niciano del XXII secolo.

Da: „I diari di Sol“


E' il mio turno. Hanno chiamato il mio nome, è il mio nome quello sento vibrare nel vento.
E' spaventoso.
All'improvviso tutto ciò che ti gravita intorno, indolente, si drizza, e veloce, in forza centrifuga, si allontana da te, spazio intorno a te, vuoto.
Credevo di essere solo, credevo di essere immune, credevo di essere spalmato di grasso, così che ogni cosa potesse scivolare via.
Ma questa è la prerogativa del gioco: occorre immergersi, occorre bagnarsi. Occorre sentire il freddo sulla pelle, il cuore rimbalzare, i nervi tendersi, così da non avere dubbi sul fatto di essere noi, e proprio noi. Questo è richiesto. Richiesto e preteso.
Questo caldo, è esasperante, sembra irreale, impedisce di muoversi, inibisce il pensiero. Dal finestrone sembra tutto immobile, la strada deserta, la luce tenue delle lampade organiche attraversata dai fiocchi bianchi.
Verrebbe voglia di aprire i vetri. Fuori tira certamente un po' di vento fresco, sarebbe piacevole sentirlo sul viso, ma dovrei indossare i filtri...Jorgja e nonna Sarah non sarebbero d'accordo... e faccio già abbastanza fatica a dormire. Questa notte ho evitato anche il Liki...
Il silenzio orchestrato dalla neve che cade, trasforma lo spazio, ne trasforma la memoria. Stenti a riconoscere i luoghi, perchè la memoria si appoggia anche sui rumori, e questa neve li copre, sofficemente copre i ricordi. E' un demiurgo. Inventa mondi nuovi, mai visti, un attimo dopo, scomparsi.
Devo proprio uscire.
Porterò una bottiglietta di Liki con me.
La scaletta di alluminio mi porterà all'uscita superiore, sul tetto di vetro.
Sarebbe vietato uscire, ma a quest'ora nessuno mi vedrà.
Se fossi un cittadino esemplare dovrei indossare la mascherafiltro, il giaccone, la tuta termica. Una vera rottura di palle, e il mio corpo è così caldo. Se fossi un cittadino esemplare, semplicemente non uscirei.
I filtri nasali saranno sufficienti.
Sollevo il vetro pesante e mi ritrovo nel mondo fuori. Riesco a sentire l'aria fresca anche attraverso il filtro.
Seduto sul tetto trasparente, in compagnia del piacevole freddo improvviso, guardo ipnotizzato i fiocchi cadere indisciplinati sopra di me, vorticosi nel vento leggero. Era esattamente questo ciò che immaginavo guardando oltre il finestrone, un attimo fa: il vento, il vento che accarezza la pelle, il vento tagliente. La frizzante libertà, così frugale. Ci vuole un goccio..
Questo vuoto improvviso, questo freddo, questo buio colpiscono al centro dello stomaco. Ecco come sentirsi perfettamente soli e perfettamente sicuri.
Strano contrasto laggiù: il fumo dei camini gemelli del plastiriciclatore e la neve che lo attraversa. Strano davvero. La neve non ha odore, così questa immagine ha come unico fetore quello dei riciclatori. Peccato. Peccato che questo candore abbia un simile correlato. Ma insomma, l'imperfezione della vita non è mai stata discussa.
Questo liquoroso stasera tira verso la poesia...mmh. Il PK. Grilla.

Sono quì.“
Oja, Sol, mi trovo giusto sotto un getto d'acqua bollente. Che si fa intorno a te?“
Sixj! Sono quì col Liki che mi accompagna in voli strani. Sono al freddo piacevole, sotto la neve...“
Sei il solito folle, al buio, al freddo, sai che non mi piace che te ne stia lassù da solo. Avresti almeno potuto zompare quì, tu e il Liki, una doccia calda non si nega a nessuno...e nemmeno un goccio...“
Già...ma quì succede qualcosa...questa neve...“
Sì, la vedo. Tocca il vetro e scompare, è un po' nervosa, agitata, mentre io sono tra il fuoco incrociato della doccia, lei pretende di raggiungermi. Penso mi ami. Poco più di te...“
Dici bene, honey. E la giornata?“
Normal. Assolutamente.“
Normal. Accendi il visore.“
Accendi il tuo...“
Sai che sono fuori...“
Sai che sono in doccia...“
Bien, bien, Sixj. Credo che rimarrò quà fuori ancora un po', pensando a te...“
L'acqua è finita, caz...oja Sol. Tomorrow.
Tomorrow, dear.“
Jorgja risplende come un sole pazzo. Ti scalda, si nasconde, ritorna.